COSTUMI

I costumi di Sonia Biacchi

Segni e forme mi colgono di sorpresa e mi attraggono, io li registro nella mente, lasciano delle tracce, sono le impronte a cui attingo per disegnare le mie personali architetture costruite per i corpi dei danzatori. Esse hanno elementi comuni: purezza di segno, ampia campitura, essenzialità, ma soprattutto rappresentatività di un mondo dai rimandi ai quali mi sento emozionalmente partecipe.
Dai disegni passo alla loro realizzazione tridimensionale il disegno, per essere trasformato in struttura, deve corrispondere a principi di fattibilità, indossabilità, relazionalità con lo spazio scenico e con le forme che prevedo essere in scena durante la pièce. E' dunque dopo varie riflessioni che prende il via la fase realizzativa, durante la quale spesso apporto modifiche o arricchimenti al progetto originale. benché realizzi sempre una prima struttura in forma tridimensionale su manichino, sperimentando le proporzioni e l'idoneità dei materiali prescelti, la sua realizzazione a misura d'uomo riserva spesso delle sorprese.
Lavoro spasmodicamente, perché solo a completa realizzazione conoscerò l'esito dell'opera sotto l'aspetto statico e formale, e se la struttura non funziona bisogna correggerla o eliminarla. è frutto di troppo lavoro per arrendersi facilmente. Credo di avere acquisito una buona conoscenza della resa di una vasta gamma di materiali, ma solo la sperimentazione può confermare o smentire le risposte attese. a volte costruisco lo steso modello con materiali diversi attendendo differenti risposte di presenza scenica, di duttilità e di possibilità di trasformazioni formali attraverso il movimento.
A struttura terminata, la sperimentazione non è ancora conclusa. quali risposte dà, quando è indossato o trasportata da un danzatore nello spazio teatrale? quale relazione ci può essere fra essa e le altre strutture, la luce, la musica, lo spazio teatrale? qual è la sensibilità interpretativa e relazionale del danzatore? tutte domande, queste, di importanza enorme, perché toccano il cuore del problema della messa in scena: il ritmo. Rumore-silenzio, luce-buio, movimento-stasi, vuoto-pieno, volumi sonori e luminosi, interferenze con proiezioni video, voce-suono. è necessario un grande orchestratore per far nascere un'opera che stia fra terra e cielo. ma, ahimè, quante volte ci si avvicina a questo risultato?

(Testo di Sonia Biacchi)


Foto di Francesco Trombetti e Kristine Thiemann